Navigare nell’Ignoto
- Geneva Holistic
- 11 apr
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 6 giorni fa
Da Jacqueline Topakian - Geneva Holistic

Arriva un momento, nel cammino di ogni anima, in cui ciò che conosciamo si dissolve, e il sentiero davanti a noi svanisce nella nebbia. Quello che prima sembrava logico si sgretola, e ci ritroviamo in piedi sull’orlo dell’incertezza, chiamati non a fuggire, ma a ricordare. Non c’è una mappa, solo un richiamo silenzioso verso l’interno, una sensazione che qualcosa di più grande si stia svelando, oltre la portata della mente.
Nelle antiche tradizioni, entrare nell’ignoto significava entrare in un mistero, non da risolvere, ma da vivere. Ci si affidava alla bussola interiore, si imparava che la vera visione non viene dagli occhi, ma da una coscienza risvegliata nel silenzio, nella presenza e nell’abbandono. Oggi, in un mondo iper-stimolato e frenetico, siamo chiamati a riscoprire queste verità senza tempo.
Arrendersi e Fidarsi dell’Invisibile
Arrendersi è spesso frainteso come debolezza o passività. In realtà, il vero abbandono è vivo. Non è rinuncia né rassegnazione; è un invito a sentire più che pensare, a rimanere presenti anche quando la mente non comprende, permettendo a ciò che deve emergere di prendere forma.
Arrendersi è allineare la propria volontà con la saggezza profonda. È lasciar andare l’illusione che dobbiamo sapere tutto prima di fare il prossimo passo. È una postura interiore di fiducia, sapere, nel profondo, che il Sé Superiore, quella parte di noi connessa alla Fonte, possiede la mappa, anche quando la mente non si vede. La neuro-scienza lo conferma, quando lasciamo andare la paura e torniamo alla presenza, il sistema nervoso parasimpatico si attiva, rilassando il corpo e aprendo la porta all’intuizione. L’abbandono è una soglia verso una visione più alta, biologica e spirituale.
La Consapevolezza come Bussola
Quando tutto è incerto, la consapevolezza diventa la nostra unica bussola. Essere presenti, istante dopo istante, ci dà radicamento quando il futuro si dissolve. La consapevolezza non è solo una pratica, è un modo di essere. Il respiro diventa ancoraggio, il corpo un oracolo, e ogni esperienza un invito alla presenza.
Schemi e segnali iniziano ad emergere, nei pensieri, nelle reazioni emotive, nelle paure ricorrenti, nei sogni. Questa è la coscienza in movimento, la capacità di osservare e rispondere, invece di reagire dai vecchi automatismi. Nell’ignoto, la percezione intuitiva si affina, il discernimento diventa sottile. Si sente ciò che restringe l’energia e ciò che la espande.
Thich Nhat Hanh parlava della consapevolezza come un ritorno a casa, un santuario in movimento. E il dottor Peter Levine, terapeuta del trauma, ci ricorda che la presenza riorganizza il sistema nervoso, aiutandoci a trasformare la paura invece che esserne dominati. Anche tu hai questa capacità, è scritta nel tuo DNA. Più ti accordi al tuo campo energetico, più percepisci chiaramente gli strati invisibili della realtà. La vera sicurezza non nasce dalla certezza, ma dalla connessione con la tua saggezza interiore.
I nostri antenati camminavano nella vita con rispetto per l’ignoto, celebrando i passaggi con rituali e insegnamenti per guidare l’anima tra ombra e luce. Noi stiamo solo ricordando. Oggi, la scienza moderna conferma l’antica saggezza, il cuore ha la sua rete neurale, l’intestino contiene milioni di neuroni…L’intuizione non è magia, è biologia! È il GPS dell’anima, codificato nel nostro essere.
Navigare l’ignoto è diventare un viaggiatore cosciente, uno che ascolta il silenzio, onora l’intuizione e confida che anche le notti più oscure conducono all’alba. È camminare con grazia nel mistero, sapendo che non siamo mai persi, solo iniziati.
Un Sogno che Parlava dal Velo
Un giorno ho fatto un sogno che ancora risuona nella mia anima. Ero in una sala gremita, circondata da volti sconosciuti. Fuori dalla finestra, l’oceano nero infuriava, immenso e selvaggio. Su un balcone rotto, una giovane donna sedeva da sola, visibilmente impaurita, scrutando l’orizzonte. Le ho teso la mano e detto dolcemente: "Rientra, ragazza".
Lei mi ha guardata, con terrore negli occhi. Poi ha guardato il mare…e si è voltata verso di me con un sorriso radioso, pieno di consapevolezza. E senza esitare, si è gettata nell’oceano oscuro. Galleggiava sulla schiena, braccia aperte, in pace tra le onde ruggenti. L’ho vista sparire nell’immensità della notte.
Con stupore, ho notato altri come lei, sparsi tra le onde, tutti con le braccia distese e sorrisi sereni. In quel momento ho compreso: era più libera tra le onde che dentro quelle mura. Si era arresa.
Ho percepito che quel sogno non era solo un’immagine, ma un messaggio, dal mio inconscio, forse dal mondo invisibile. Mi stavano incoraggiando, spingendomi a saltare, a fidarmi.
L’ignoto suscita sempre paura, ma l’evoluzione dell’anima ci chiede di saltare lo stesso, a braccia aperte. Perché arrendersi non è cadere, è elevarsi verso una verità più grande.
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